"L'Europa: una relazione in bilico", Alto-Adige

Nell’Ottocento le popolazioni di Francia, Germania e Italia osservarono alcune somiglianze nel loro modo di “pensare” e per la prima volta in Europa si svilupparono tendenze e sentimenti collettivi. Come sostiene Stefan Zweig nel saggio intitolato Appello agli Europei, un discorso pronunciato alla conferenza di Firenze nel 1932, per la prima volta, l’Ottocento in Europa, vive, pensa, sente e sperimenta certe situazioni in modo unitario e identico, per la prima volta si intuisce che una specie di psiche comune europea è in divenire […].

Joseph Ratzinger e Samuel Huntington, come viene riportato sulle pagine del giornale il Corriere della Sera nell’articolo intitolato 1957. L’ inizio dell’Europa! a cura di Manlio Graziano, pubblicato Domenica 12 Marzo 2017, essi ipotizzano la “creazione” di una identità europea tra la fine dell´VIII e l’inizio del IX secolo […] al momento dell’incoronazione del re dei Franchi, Carlo Magno, a imperatore sacro e romano. Se Ratzinger e Huntington avessero ragione, allora, l’Europa sarebbe un affare dei Franchi. I Franchi occidentali e orientali (che successivamente diventeranno francesi e tedeschi) erano in conflitto sin dall’843 per il territorio della Lotaringia, che allora separava i due regni. Solo dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale la Francia riuscirà nel suo “antico” intento a convincere la Germania a condividere le ricchezze “lotaringe” raggiungendo così un durevole ordine politico. Nacque così, dopo la guerra, nel 1950, la Comunità del Carbone e dell’Acciaio.

Come si legge nelle pagine del giornale precedentemente citato dopo i successivi Trattati di Roma, firmati il 25 Marzo 1957, l’auspicio del durevole ordine pacifico ha finito coll’occultare le persistenti diffidenze tra le due sponde del Reno, combinando così gli interessi di Francia e Germania. Bisogna ricordare che con la nascita della Comunità del Carbone e dell’Acciaio sono state coinvolte molte altre potenze, sulle quali Francesi e Tedeschi si sono “appoggiati” per bilanciare i loro reciproci sospetti. Il fatto è che in questi sessant’anni Francia e Germania hanno essenzialmente considerato l’Europa come una persecuzione dei propri interessi nazionali […], sostiene Manlio Graziano, nell’articolo precedentemente riportato.

Oggi la tendenza dominante propone una rinazionalizzazione dei vari Stati, allontanando così la possibilità di creare un’Unione più salda e politicamente efficace, facendo sì che per il sessantesimo compleanno dei Trattati di Roma sia sempre più percepibile la pressione di una possibile “disintegrazione” europea. L’Europa dalla sua creazione ha compiuto enormi passi in avanti e, come ci fa notare Maurizio Ferrera, nell’articolo intitolato 2017. La fine dell’Europa?, pubblicato sul giornale Il Corriere della Sera, Domenica 12 Marzo 2017, ciò è accaduto in un brevissimo lasso di tempo: l’integrazione europea ha registrato i più grandi successi agli inizi del nuovo millennio. Nel 2002 l’euro è diventato fisicamente la moneta comune di 12 Stati membri. Fra il 2004 e il 2007 gran parte dei paesi dell’ex blocco sovietico sono entrati a far parte dell’Unione. Quest´ondata di innovazione, condensata in un così breve periodo, non ha sicuramente giovato ad un adeguato sviluppo dell’Unione Europea. Sarebbe stato più opportuno un progressivo e più lento processo di innovazione da parte dell’Unione, in modo tale da avere il tempo “fisico” per analizzare e risolvere gli eventuali problemi sorti. Oggi l’Europa sta attraversando un forte periodo di crisi, causato dai precedenti problemi irrisolti, accumulati nel tempo e dai problemi odierni, quali la crisi dei rifugiati ed il terrorismo.

In una situazione così complessa, come si potrebbe “intervenire”?

Una possibile “soluzione” potrebbe essere quella di intervenire istituzionalmente in modo efficace e organizzato, sempre che le istituzioni siano in grado di contribuire in modo positivo alla risoluzione dei problemi. Questo intervento istituzionale, caratterizzato da una serie di riforme, deve come prima cosa proporre una soluzione alla crisi economica, in modo tale da stabilizzare la situazione nei vari Stati membri dell’UE, preparandoli, così, affrontare le nuove sfide. Una proposta potrebbe essere quella di ridistribuire la ricchezza fra i vari Paesi membri, anche se all’interno dell’Unione sono presenti più Stati in difficoltà rispetto a Stati benestanti. La proposta della realizzazione di un´“Europa a due velocità”, che in questi giorni sta prendendo piede, va assolutamente rifiutata, in quanto non farebbe altro che aggravare la situazione, facendo aumentare, le già presenti, divisioni fra i vari Paesi. L’Europa non deve, in alcun modo, farsi trascinare dal modello “americano”, proposto dall’attuale presidente Donald Trump. Nel campo della sicurezza e dell´immigrazione sarebbe opportuno rivedere il trattato di Schengen, proponendo la restituzione dei controlli di frontiera. In questo modo i vari Stati sarebbero in grado di controllare i migranti in entrata nel loro Paese, garantendo loro una sorta di tutela e di controllo per evitare l’infiltrazione tra questi di terroristi. Ciò comporterà anche maggiori controlli sul traffico delle merci illecite o prodotti “falsi”, spacciati per autentici, che possano danneggiare il PIL di un Paese. Sarebbe buona norma conoscere chi e cosa circola all’interno del proprio territorio. Un’altra innovazione da apportare sarebbe quella relativa alla gestione dei flussi migratori. Difatti molto spesso i Paesi membri dell’UE con “approdi” per i profughi sul Mediterraneo, vengono abbandonati dagli altri membri dell’Unione, rimanendo, così, soli, anche quando si tratta di prendere decisioni che coinvolgono più Stati. Un accorgimento da attuare sarebbe quello di istituire sanzioni pecuniarie, pesanti, per tutti i membri dell’Unione, che si mostrano disinteressati o poco collaborativi nella gestione dei flussi migratori. A queste vanno aggiunti una serie di controlli, in modo da “comprendere”, chi sia veramente un profugo e chi no (compito assai arduo e, forse, inapplicabile).

Oggi l’Unione Europea può essere paragonata a una torre di Jenga: un gioco, che ha come scopo la realizzazione di una torre fatta di mattoncini mobili e, successivamente, prevede che questi si tolgano, senza che la struttura crolli. I vari Stati membri tolgono dei mattoncini (ovvero i vari Stati) alla torre (l’Unione Europea) e, se non si interviene ora, la struttura crollerà e sarà molto più difficile da ricostruire che con dei semplici blocchetti di legno.

Fabio Venturi